Memoria / Radio University, una storia anni Settanta

Memoria/ Radio University, una storia anni SettantaA metà degli anni settanta la situazione politica della destra milanese era estremamente critica. Dopo la morte di Sergio Ramelli, nell’aprile del 75, ogni madre che avesse un figlio di destra, tirava un sospiro di sollievo quando la sera lo vedeva tornare a casa. Il grigiore dell’informazione era completo, diventava un lusso avere l’antenna che captava la televisione svizzera o Telecapodistria, che allora erano niente di più delle televisioni locali di oggi, ma pur sempre qualcosa di diverso. Il Corriere già allora era in mano alla sinistra ed ai poteri forti, c’era, è vero, a far da contraltare, il quotidiano La Notte con direttore Nino Nutrizio, ma conteneva poche notizie e non aveva la completezza per competere contro la corazzata di via Solferino.

Mi ricordo che il venerdì mio padre acquistava il Candido, prima di Guareschi, poi di Giorgio Pisanò, insieme ad un altro settimanale, Gente, che serviva solo ad occultare al suo interno il giornale di destra e poter arrivare incolume a casa. Occorreva far sentire la propria voce, pena la scomparsa di scena di tutta una comunità umana. Ma proprio allora avvenne un fatto nuovo: alcuni ragazzi cominciarono a trasmettere clandestinamente buona musica da una piccola emittente che chiamarono Radio Milano International. La voce si diffuse, gli ascolti esplosero, nessuna autorità intervenne e presto le radio private cominciarono a proliferare. A destra fu colta subito l’importanza di questa novità ed a metà del 1976 nacque Radio University, che ebbe la sua sede in via Mancini al n.1, nello studio dell’onorevole Franco Servello. Dopo qualche mese un mio amico, Beppe, mi chiese se fossi interessato ad entrare nello staff della radio. Accettai e così iniziò un’avventura che avrebbe cambiato la mia vita. L’anima della radio era la mitica signora Donatella, moglie di Servello, sempre molto restia ad apparire ma il vero “deus ex machina” di tutta l’emittente. Tutto passava attraverso le sue decisioni, d’altronde eravamo a casa sua, ma la sua riservatezza non lo rendeva evidente. Per quanto possa sembrare strano per quei tempi, radio University non era un luogo inaccessibile dove occorressero parole d’ordine per entrarvi. C’era sempre un via vai di gente, soprattutto ragazzi, normali e non antropologicamente identificabili secondo i banali archetipi della sinistra. Bastava semplicemente sapere dove andare e citofonare al numero giusto: comunque il buon signor Arcuri avrebbe controllato dallo spioncino della porta.

Una sola volta ci fu un goffo tentativo di intrusione da parte di alcuni ragazzi ma si spaventarono ancora prima di capire che erano arrivati sulla soglia della nostra redazione. Per i primi anni chiunque trasmettesse, tranne chi ricopriva una carica istituzionale, usava uno pseudonimo. I compagni dalla spranga facile si trovarono impreparati; ci fu una volta che una ragazza chiamò in redazione e adescò uno dei redattori, Pietro, e gli chiese un appuntamento in una piazza. Pietro per curiosità si recò nel luogo convenuto ma prima volle fare un giro nelle vie intorno e scoprì che alcuni brutti ceffi erano pronti ad intervenire appena lui si fosse rivelato; passò accanto a quella che doveva essere la ragazza esca e senza farsi riconoscere proseguì oltre. A Radio University si imparava a far di tutto. C’era un unico responsabile di trasmissione per i due turni; il primo dalle 8 del mattino alle 14 ,il secondo dalle 14 alle 20. Amina Fiorillo, oggi coniugata Gasparri, Cecilia, Alberto Biotti, Pietro Di Mino, il sottoscritto ed altri dovevano aprire le trasmissioni con la rassegna stampa, preparata con ritagli del Secolo d’Italia e degli altri giornali appena usciti e compilata mentre si mettevano su i dischi, poi tenere alcune trasmissioni in diretta con gli ascoltatori, su argomenti di attualità con contatti telefonici rigorosamente senza filtro, poi infine preparare il radiogiornale delle 13 , quello con la sigla della Cavalcata delle Valchirie. Il clou delle trasmissioni era rappresentato dal dibattito del sabato mattina con Alessandro Degli Occhi che con me teneva l’ appuntamento “Puoi dirlo”, e soprattutto l’incontro della domenica mattina con Ignazio La Russa e Walter Jeder, a cui si affiancava quando poteva l’on. Servello.

L’audience delle nostre trasmissioni era notevole, ce ne accorgemmo perché qualunque argomento toccassimo, ci chiamava sempre qualcuno coinvolto direttamente nella questione. Quando una volta parlammo dei testimoni di Geova, per esempio, ci telefonò un loro rappresentante a spiegarci le ragioni della sua scelta.

Un giorno sulle orme di Orson Welles ci inventammo un’edizione straordinaria del radiogiornale in cui annunciammo la appena avvenuta invasione di Lampedusa da parte di truppe libiche. Con fare molto serio e professionale raccontammo il presunto avvenimento punteggiandolo però di particolari assolutamente paradossali che avrebbero dovuto generare dei sospetti nell’ascoltatore. Ci fu subito una reazione preoccupata con molte telefonate, il gioco stava prendendo una piega esagerata, fin quando una ascoltatrice non chiamò dicendo che aveva contattato sua madre a Lampedusa, che le aveva risposto dicendo che laggiù sull’isola tutto era tranquillo.

Altri tempi!

Ma eravamo seguiti anche dai compagni .

Una sera di primavera al Palalido di Milano si doveva tenere il concerto di Steve Grossman, cantante americano di musica country, allora abbastanza noto. Decidemmo di andarci io, Vincenzo, Cecilia ed Amina, per passare una serata in compagnia. Ma dopo le prime canzoni il concerto fu interrotto da un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia che ce l’avevano con quelli del Movimento Studentesco; salirono sul palco e si esibirono in un violento proclama in politichese; beghe tra compagni insomma. Il povero Grossman guardava e non capiva perché ce l’avessero anche con lui, il concerto poi proseguì, l’atmosfera fu comunque rovinata, i compagni conclusero la serata menandosi tra loro fuori dal Palalido. Il giorno dopo raccontammo quello che era avvenuto in una trasmissione del pomeriggio; ci telefonarono molti compagni furiosi perché con ironia descrivevamo quanto accaduto e soprattutto perché secondo loro ci eravamo infiltrati nei “loro” concerti senza farci scoprire. Ma intanto con quelle minacce dimostrarono che ci stavano ascoltando. Nonostante il clima infuocato qualche tentativo di contatto, di comunicazione tra opposti schieramenti ci fu.

Un 29 aprile, ricorrenza della morte di Sergio Ramelli, il Fronte della Gioventù voleva organizzare un corteo improvvisato per le vie della città. Milano era tutta presidiata da reparti di polizia antisommossa, i compagni erano pronti ad assalire il corteo ma non sapevano dove si sarebbe tenuto; la tensione in città era al massimo. Quel pomeriggio ero negli studi di Radio University e ricevetti una telefonata : era la redazione di Radio Popolare, l’emittente milanese di estrema sinistra, che ci chiamava. Mi accorsi che la telefonata era trasmessa in diretta; il redattore mi chiese se il Fronte della Gioventù avrebbe poi tenuto la manifestazione annunciata ; io non ne sapevo niente ma mi resi conto che non potevo aggiungere benzina sul fuoco, così bleffando dissi che no, non ci sarebbe stata alcuna manifestazione. Avevo detto la verità senza saperlo, ma soprattutto avevo evitato di alimentare uno stato di tensione esplosivo. Il fatto storico era che per un minuto le due emittenti antagoniste si erano parlate, due mondi paralleli si erano incontrati. La nostra radio cercava di parlare a tutti anche con programmi molto leggeri cercando di coinvolgere ogni tipo di pubblico; purtroppo ci fu un periodo in cui, soprattutto il venerdì mattina, ci toccava interrompere le consuete trasmissioni e passare d’improvviso alla musica classica ; le Brigate rosse avevano colpito in qualche parte d’Italia e uno o più uomini erano stati uccisi. Era frustrante dover annunciare questi delitti che si ripetevano con impiegatizia puntualità e facevano cadere tutti in un clima plumbeo di avvilimento e di rabbia.

Radio University non fu però solo comunicazione, fu anche una fucina di iniziative collaterali importanti che cambiarono il modo di fare politica a destra. La radio fu infatti il mezzo per lanciare e diffondere la musica alternativa che nacque a Milano con gli Amici del Vento; Guido Giraudo presentava i loro concerti, il leader era Carlo Venturino che suonava con il fratello Marco, Cristina e Fabio Constantinescu. In breve tempo la musica alternativa divenne un fenomeno unico nel suo genere, le cassette venivano acquistate secondo le modalità dei samizdat russi, nessun negozio poteva solo pensare di venderne i dischi. Eppure canzoni come “Trama nera” e “Ritorno” divennero dei veri successi, superando le decine di migliaia di copie.

Così grazie alle radio alternative , agli Amici del Vento si affiancarono Fabrizio Marzi, gli ZPM di Verona, la Compagnia dell’Anello di Padova, Michele di Fiò, Leo Valeriano, Massimo Morsello, gli Janus di Roma, gli Acroama di Pavia . Con il declino delle radio libere a metà degli anni 80, la musica alternativa sembrava destinata a scomparire ma l’avvento di YouTube ha rivitalizzato oggi il fenomeno. Alla fine degli anni 70 la sinistra aveva inventato un inserto satirico, “Il Male”, che ebbe un grande successo fra i giovani. Ignazio La Russa decise che anche noi dovevamo inventarci qualcosa. Provammo a reclutare via etere qualche volonteroso disegnatore e in tre ci risposero ; nacque così “l’Oca Giuliva” , un inserto di Dissenso, mensile del Fronte della Gioventù, direttore Gianfranco Fini.

Il nostro vero direttore invece era Ilarius, pseudonimo di Ignazio, metà della redazione della radio si occupava anche dell’inserto satirico. L’Oca Giuliva ebbe un certo successo. Maurizio Gasparri, mi raccontò che a Roma, i giovani del Fronte non chiedevano più quando sarebbe uscito Dissenso ma: ”Quando esce l’Oca Giuliva ?” Quando finalmente stavano nascendo nuovi talenti nel disegno e il Male non sembrava più irraggiungibile, a Roma qualche invidioso decise che non se ne doveva fare più niente e l’Oca Giuliva trasmigrò sul Candido prima di perire insieme alla gloriosa testata milanese.

Arrivarono gli anni ottanta e la radio acquistò sempre più il valore della vera e propria “controinformazione”!

Ricordo ancora la sera delle elezioni americane che consacrarono Ronald Reagan presidente; avevo acceso la TV per seguire la diretta dello spoglio e contemporaneamente Ignazio, dai microfoni di Radio University, commentava le stesse immagini che vedevo sul video. Il sorriso beffardo dei giornalisti di sinistra dell’epoca cominciava a scomparire dai loro volti mano a mano che si accendevano sulla mappa degli USA gli stati conquistati dai repubblicani; Ignazio, con la consueta dialettica commentava ironicamente il progressivo impallidire degli opinionisti, rendendo a noi ancor più condivisa e gratificante quella vittoria che rappresentò una svolta per tutto l’Occidente. In tutta Europa si cominciò a respirare un’aria nuova, il terrorismo in Italia iniziò la sua parabola discendente che culminò con la vittoria della nazionale azzurra ai mondiali del 1982 in Spagna; milioni di italiani scesero in strada sventolando il tricolore, segno che l’ideologia comunista non aveva attecchito nell’animo più profondo della nazione.

A radio University tutti i redattori cominciarono a presentarsi con nome e cognome, scomparvero gli pseudonimi, personaggi vicini alla destra concessero le prime interviste esclusive ai nostri microfoni, fu trasmessa qualche inserzione pubblicitaria. Fecero capolino le prime innovazioni tecnologiche: il nostro Maurizio Gussoni con un “cellulare” da 5 chili di peso organizzò una diretta per la visita del Pontefice a Milano. Ignazio La Russa organizzò il primo cineforum dove i soci della radio potevano assistere a proiezioni di film di nicchia come “Una giornata di Ivan Denisovic” o i reportage dei coraggiosi inviati speciali Almerigo Grilz, Fausto Biloslavo e Gian Micalessin dall’Afghanistan. Ma proprio quando tutto sembrava sorridere a Radio University, cominciò un declino fisiologico ; per gran parte dei redattori arrivavano le scadenze della vita : l’inizio di un lavoro, il matrimonio, incarichi politici di grande impegno .

Tutta l’emittenza radiofonica perse di appeal a favore della televisione privata che finalmente si imponeva anche in Italia.

Un pomeriggio stavo ascoltando la “mia” radio quando un disco si incantò per un quarto d’ora; nessuno in sala trasmissione se ne accorse, nessuno chiamò per avvertire il disagio di quelle tre note ripetute in continuazione : radio University ebbe una breve agonia e cessò nel 1986 di far sentire la sua voce.

P.s. Molti oggi si vantano di essere stati a Radio University. Vorrei qui ricordare alcuni di coloro che effettivamente fecero sentire la propria voce, unendo in un unico saluto chi non c’è più con chi ancora ci può leggere.

Ecco quindi Geppetto, la mitica signora Anna, la signora Mirella, Maria Laura, Flavio, Alex , Paolo e Enrico di Uovosodo, Speedy, Pietro , Brioche, Tomaso Staiti, Carlo Amedeo Gamba, Luciano Buonocore, Dario Vermi, Alfredo Mantica, Isabella, Ingrid, Donatella, Cristiana Muscardini, i fratelli Marco e Franco, Serena, Flavio Nucci, Vittorio, Laura, Antonella, Mizio, Alberto, Nicoletta, Carlo Papetta, Maurizio, Enzo Leoni, Leo Siegel, Riccardo De Corato, Vincenzo, Emanuele, Pierfrancesco, Guido, Alfonso, Barbara, Massimo, Paola, Marco, Francesca ecc.

Per altre informazioni leggete “Il nostro canto libero” di Cristina Di Giorgi e Ippolito Edmondo Ferrario. Castelvecchi editore

✎ Eugenio Pasquinucci